Retaggi culturali e aspettative di omologazione pervadono la nostra società nonostante la nostra sia l’epoca in cui l’essere umano abbia a disposizione più strumenti di sempre per includere nelle rappresentazioni culturali ogni tipo di comportamento e desiderio.
Tra gli stigmi più silenti della nostra società vi è il desiderio di stare da soli. Ben diverso dalla solitudine – associata ad una sensazione di malessere e di disagio – il desiderio di rimanere da soli per fare cose in compagnia di sé stessi è quanto di meno compreso nella società odierna.
Certo, la pandemia e il lockdown hanno esasperato la necessità di stare insieme agli altri, evidenziando la nostra natura di animali sociali (Aristotele) e dando risalto a desiderio di condivisone della nostra specie.
Ciò che però gli ultimi due anni hanno offerto, è uno sguardo più profondo verso il desiderio di stare da soli per vivere con se stessi determinati aspetti della vita. Una pratica che, nonostante non rappresenti un pericolo o un dramma, viene ancora stigmatizzata dalla nostra società.
Un desiderio legittimo
Stare da soli e vivere delle esperienze come un film, una cena ad un ristorante, un viaggio o anche solamente un week end da passare nella propria intimità, risulta difficilmente comprensibile dalla società in cui stiamo vivendo.
Molti sono gli stereotipi e le generalizzazioni fatte nei confronti di chi predilige stare da solo, o verso situazioni normalmente conviviali vissute in “single player”. Esempi lampante ne sono la prenotazione al ristorante, o l’acquisto di una camera d’albergo: stare da soli non è totalmente accettato dalla nostra società.
Questa concezione affonda le radici nel passato, quando essere esiliati dalla famiglia o dal proprio gruppo social significava la morte – sia sociale che fisica – dell’individuo. Una tale rappresentazione si è poi perpetuata nel corso dei secoli, giungendo ad oggi in forme di mancanza di comprensione di un desiderio legittimo.
Sembra quasi che lo stare da soli sia considerato come un segno di fallimento personale, in un mondo che ci vuole tutti estroversi e tutti uguali. Secondo una ricerca intitolata The Social Stigma of Loneliness del 1992 l’ipotesi che le persone solitarie siano socialmente stigmatizzate è stata testata e confermata: le persone che preferivano fare cose da soli venivano giudicate dai testimoni restanti molto più negativamente rispetto a una persona con abitudini convenzionali.
Perché fa bene stare da soli
Ma stare da soli e fare esperienze da soli è un desiderio legittimo dell’essere umano. Ci permette di instaurare una relazione profonda e significativa con sé stessi, facendo si che ci si possa comprendere e conoscere meglio, affrontando i primi demoni e le proprie paure anche combattendo stereotipi sociali di questo tipo.
Tale desiderio sembra però essere più corrisposto tra le giovani generazioni: essendo perennemente interconnesse – e quindi mai veramente da sole – le generazioni attuali impiegano il tempo da soli in maniera produttiva e personale.
Un tratto distintivo che può marcare il cambio di generazione e concezione che stiamo vivendo, permettendoci di accettare come lo stare da soli per scelta non sia un qualcosa che indichi uno stato negativo, ma che rappresenti un momento decisivo per la crescita e lo sviluppo dell’individuo.
Un modo per fare davvero quello che ci piace, conoscere noi stessi e affrontare le nostre paure, lasciando per una volta fuori tutto il mondo esterno.