
Che cosa ci spinge a voler viaggiare in continuazione? Che cosa ci fa spingere sempre un po’ oltre il limite del consentito per raggiungere luoghi, culture ed esperienze lontane chilometri da casa? Se come me avete compreso che la vostra vita non può ruotare intorno a un solo luogo e un solo pacchetto di esperienze pre confezionate, ecco che forse abbiamo trovato la risposta.
Il nostro Dna – almeno quello di una persona su quattro – riporta inciso il destino di menti e corpi tesi al viaggio costante, alla scoperta, all’innovazione, all’adattabilità, al desiderio di conoscenza continuo e perpetuo.
Un’ultima scoperta scientifica ha dato vita al gene del viaggiatore, o meglio, una variante del gene DR4R che darebbe adito all’istinto di scoprire cose nuove, viaggiare e non fermarsi mai. Ma può essere vero?

Il primo viaggiatore
I divergenti R7 (o R2) sono una parte percentuale della popolazione mondiale (circa il 20%) e sono caratterizzati da una grande e costante voglia di partire, irrequietezza intellettuale e capacità di trasformare gli eventi a proprio favore.
Abbiamo allora scorso la lista di alcuni dei quali hanno riportato la presenza di questo gene nel proprio corredo genetico: Steve Jobs, Leonardo Da Vinci, Dalì, Michael Jordan, cercando di trovare il precursore di tutti loro.
Per chiunque abbia studiato lettere classiche al liceo o anche alle scuole medie, l’Odissea e l’Iliade sono stati scogli da superare, amandoli o odiandoli, ma comunque da affrontare.
Un personaggio in particolare ha attirato la nostra attenzione durante la stesura di questo articolo: Ulisse. L’eroe della Guerra di Troia e Re di Itaca è costantemente animato dal desiderio di una conoscenza diretta e sensibile, al punto tale da spingersi a vagabondare (tenete a mente questo termine!) Per dieci anni dopo la conclusione della guerra, prima di tornare definitivamente sulla sua isola.
Nelle varie avventure che caratterizzano la sua esperienza di vita, Ulisse dimostra costantemente come il desiderio di conoscenza sia ciò che anima il suo agire, e come non si possa tirare indietro da situazioni anche al limite del sicuro per sperimentare in prima persona avvenimenti e leggende.
Un esempio ne è la vicenda delle sirene. Molto sinteticamente, Ulisse deve passare al fianco di Scilla e Cariddi, luogo di perdizione per i navigatori dell’epoca a causa delle acque tempestate da scogli pericolosi e di cui si diceva fossero casa delle sirene.
Tali creature mitologiche attiravano con il proprio canto i naviganti agli scogli facendoli naufragare, in modo da banchettare poi con i loro corpi.
La leggenda narra però che il canto delle sirene sia quanto di più soave esistente sulla terra, e ovviamente il nostro Ulisse decise di volerlo sentire. Per far si che questo accada senza rischiare la morte, Ulisse si fece legare all’albero maestro della nave, così da ascoltare le sirene e non farsi trascinare dalle onde.
Una simile avventura, seppur riassunta brevemente, ci offre – forse in maniera quasi troppo pregnante – come il desiderio di conoscenza sia insito negli esseri umani come caratteristica fondamentale.

DR4R-7R: la variante del viaggio
Se dunque Ulisse può essere considerato il primo possessore di questo gene nella cultura occidentale, un’analisi più scientifica è doverosa.
Il gene DRD4-7R è una variante del gene DRD4 che serve a controllare la dopamina, un neurotrasmettitore prodotto dal cervello e conosciuto come l’ormone dell’euforia, legata alla sfera del piacere e viene associata alla morbosa curiosità e all’irrequietezza.
Secondo una ricerca pubblicata dalla rivista Evolution and Human Behaviur questo gene è il recettore della dopamina e si trova maggiormente nella corteccia prefrontale.
Secondo Chaunsheng Chen citato dal quotidiano Huffington post sarebbe più facile trovare il gene nei soggetti dei luoghi che centinaia di anni fa hanno affrontato emigrazioni e percorso lunghe distanze.
Secondo David Dobbs del National Geografic il gene DRD4-7R guida il comportamento nelle persone inclini a provare nuove esperienze. Nel 1999 un primo studio condotto da Chuansheng Chen della University of California a Irvine, mostrò che tra le popolazioni nomade il 7R era più presente che in quelle stanziali.
Si può approfondire il tutto nel libro di Dan Bogiatto: DR4R-7R fattore psicogenetico, con la consapevolezza però che – come anticipato da Kenneth Kidd, genetista di Yale tra i primi scopritori del gene – la tendenza all’avventura e all’esplorazione non può essere regolata da un solo gene. IL 7R sicuramente potrà incidere, ma il suo ruolo dev’essere ancora quantificato in un attività complessa a livello neurocelebrale come il viaggiare e il desiderio di farlo.