
Caliamoci nella routine di due ragazzi appena sposati, in un paese straniero: si trattava di decidere che cosa fare della nostra vita. Oltre a questo, c’era la quotidianità dei rapporti tra me e Angela. Tutti i giorni, ventiquattro ore al giorno, senza impegni, senza lavoro, mica è facile convivere, dopo un po’ si sclera!
Io ero impreparato a fare il marito, mi portavo dietro l’esempio di mio padre in casa, autoritario; Angela aveva il suo bel carattere, era uno dei motivi per cui mi piaceva: reagiva, mi provocava. Quindi scoppiavano le liti, la cosa più bella era la pace che seguiva ma a lungo andare ci deteriorava.
Praticamente si conviveva con mio padre e lui era stanco dei nostri “musoni” e dell’insoddisfazione generale perché non si riusciva ad intravedere se io avessi avuto modo di trovare un lavoro adatto a me in Colombia.
Non ero tanto convinto di fermarmi, aspettavo un miracolo che magari risolvesse la situazione.

A ricordare, faccio anche un po’ di fatica. Considerate che vivevo in un film, in pochi mesi avevo lasciato l’Italia passando dal Guatemala e dal Messico per poi arrivare in Colombia! Prendevamo l’aereo come fosse un taxi, erano gli anni settanta, stiamo quindi parlando di cinquant’anni fa e non era una cosa molto comune.
Diciamo che la situazione la prese in mano mio padre: senza dirci niente ha comprato un volo di ritorno e – per dirlo senza mezze misure – ci ha rispedito in Italia.
Non ho fatto la minima opposizione, ho accettato la decisione, la vedevo come una svolta, come un nuovo inizio, e così è stato. Dopo pochi giorni ci siamo imbarcati e siamo tornati in Italia.