Il refrain dei salesiani era il movimento: odiavano quando si formavano dei gruppi, specie se eravamo fermi. La loro idea fissa era che stare fermi significasse diventare “amici del diavolo”. Bisognava lavorare e pregare per non cadere in tentazione, quindi ci tenevano sempre occupati.
C’era molto ordine: tra un luogo e un altro c’erano spazi di ricreazione nei cortili. Mi ricordo che ve n’erano uno o due più lunghi, e altri invece più corti di un quarto d’ora per andare in bagno e sgranchirci le gambe. Nella ricreazione che durava un’ora loro preferivano che giocassimo a calcio, a pallavolo, a ping pong (in cui ero molto forte), al calcio balilla. Era una forma di divertimento ma contemporaneamente anche un modo per tenerci occupati, sempre nell’idea di un continuo movimento.
Lo stesso valeva per i pasti: nel refettorio, enorme anch’esso, si entrava in fila e in silenzio. Una volta seduti ordinati l’assistente suonava una campanella e potevamo iniziare a mangiare e a parlare.
Me la intendevo bene
Anche perché ero ricambiato nonostante la mia indisciplina!
Tra noi c’era una buona intesa e armonia. Ero nel mio ambiente, perché dopo un’infanzia non vissuta con i miei genitori piuttosto “distanti” e i continui viaggi per l’Italia, avevo trovato nel collegio il mio ambiente, la mia casa.
Ho saltato tante volte il cinema domenicale perché in punizione (ahaha). Qualche volta l’assistente – chiamato il coadiutore – formava un piccolo gruppo e ci portava fuori dalle mura a fare una passeggiata.
Non vissi il collegio come un cosa negativa, anche perché capivo che avrei dovuto trovare la mia strada. Mia madre aveva fatto questa scelta strategica: mettermi al “chiuso”, in un ambiente protetto.
In quel periodo mio padre era tornato a lavorare alla Davit in Valle d’Aosta, quindi a ottanta chilometri da Valdocco. Venivano quindi a trovarmi una volta al mese, mentre nei tre mesi di vacanza, a Natale e a Pasqua tornavo a casa.
In quei tre mesi estivi i Salesiani ci davano libri o rosari da vendere durante le vacanze – in maniera del tutto volontaria – per tenerci occupati. Io, almeno fino ai diciassette anni, l’ho fatto volentieri: avevo iniziato a fare il venditore (ahaha). Al rientro poi, i salesiani avrebbero stilato una classifica meritoria in base a chi aveva venduto di più, io mi posizionavo bene.
Mi hanno lasciato un “segno”, di cui sono molto fiero, come tanti ex allievi salesiani. Fino a una decina di anni fa, facevo regolarmente visita ai coadiutori e Salesiani di Valdocco.