
Ero appena arrivato a Torino, tra il ’66 e il ’67, e anche i miei genitori dopo qualche mese si erano trasferiti con me lasciando la Valle d’Aosta per starmi vicino mentre io avevo cominciato da qualche mese a lavorare come litografo per la Ditta Manzoni, importante azienda grafica torinese.
La mattina dell’incidente
Quella mattina ricordo di essermi svegliato presto, era proprio uno di quei periodi che volevo non durassero per tutta la vita: sveglia alle 5 o alle 6 del mattino e poi lunghe giornate di 12/13 ore di lavoro. Mi ero svegliato, avevo preso il pullman e poi il tram, arrivavo sempre puntuale. Lavoravo duro e per quella mania di voler essere sempre il numero uno, quella mattina è avvenuto l’incidente.
Il mio compito era assistente del capo macchina, ci sono operazioni di routine che mi competevano come pulire le lastre. Bisognava fermare la macchina e, con dell’acqua e uno straccio, pulirla ma per guadagnare tempo e far sì che ripartisse senza fermarsi mi capitava spesso di pulirla mentre girava e all’epoca le protezioni erano poche.

Ai tempi avevo i capelli un po’ lunghi, non troppo, e ricordo che mi ero chinato per prendere le vaschette d’acqua che mi sarebbero servite per pulire la lastra. In alto, sopra di me, giravano i macinatori: rulli che vanno un po’ in un senso, e un po’ nell’altro con l’unico scopo di macinare l’inchiostro per farlo confluire nei distributori più in basso, a contatto con la lastra.
I macinatori non sono pericolosi girando nei due sensi ma io, sentendomi tirare i capelli che erano rimasti incastrati chinandomi, non ho avuto il tempo di pensare ad aspettare che i rulli girassero nel verso opposto. Di istinto, sentendomi tirato per i capelli ho messo le mani avanti per tirarmi indietro.
Il mio gesto ha coinciso nel passaggio della gola del cilindro ed è stato un attimo, un solo istante: il tempo di accorgermi di cosa stava accadendo, di tirarla via che la mia mano non c’era già più, strappata via dalla macchina.